Non raramente mi sento come l’Angelo
dell’Apocalisse. Angelo coperto da mille occhi infantili
lungo il suo corpo sismico, sensibile ad ogni sguardo. L’incidente
mi ha costretta in un corpo a rotelle, portando la mia percezione
verso vette inabissate, celate nel punto più sacro
e profondo. Esiste la pienezza della vita senza il
movimento naturale, senza la fisicità integra, perfetta nel
suo meccanicismo quotidiano? E’ possibile rimanere
integri senza disintegrarsi in una corporeità su ruote,
privata della pesantezza gravitazionale, plantare, naturalmente
acquisita? Chi sono, da quando non sono come ero,
nell’era dove ero la fioritura dell’essere, io
l’opulente orario senza limiti. Come si presentano
ora tutti i mondi possibili che prima erano intensi, forse troppo
facilmente accessibili, accantonabili? I miei cari, con quale
intensità vibrano ora, nel momento dove lo stato del mio
essere è stato per sempre mutato? La mia anima
adesso è un animale, capace di possedere se stessa. Essa,
circoscritta nel mio cuore è una folgore lampante nel sua
caduta incessante, nel suo toccare permanente, l’appoggio al
suolo che all’inizio mi doleva, soffriva insieme alle mie
debolezze, prima acquistate, dopo duramente confutate. Ammetto:
sono la zampa della tigre, il possente tiro assassino. Il
mio compito: schiacciare senza sosta l’ignoranza brulicante,
la compassione non-coltivata, la cecità ognivedente e
ognipresente. Sono candida nella mia indole assassina: giudico la
percezione imperfetta, la visione cadente, l’opinione
mediocre e sempre fetente. Sto qui, sto
lì, stare sul mondo, ritta è la mia professione e
io la professo come un profeta destinato a sentirsi. Mi
sento, stanno vibrando, le mie ciglia, il mio mento, le ginocchia,
l’ombelico profondo, il mio seno possente e innumerevoli
calcagni dei quali non conosco il numero e molto spesso neanche la
forma.
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